venerdì 6 maggio 2011

L'intervista del presidente Gianluca Fioretti su Portobello's

Inutile dire che Fioretti è fervente anti-nuclearista senza se e senza ma, che ai referendum, se non verranno bloccati prima, voterà 4 volte "SI" Rivolgiamo a lui la domanda su quali sono le alternative ai reattori per soddisfare il fabbisogno energetico nel Paese?
«I 30 miliardi di euro destinati alla costruzione di centrali potrebbero essere destinati alla ricerca. La prima cosa concreta da fare sarebbe quella di intervenire sull’efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico. Questa sarebbe la più grande opera pubblica dal dopoguerra ad oggi, altro che ponte sullo stretto, e ci farebbe risparmiare il 30-40% di energia. Più in generale, penso che lo sviluppo delle energie rinnovabili debba accompagnarsi ad una vera rivoluzione sociale, poiché questo modello di sviluppo ad ogni costo non è più sostenibile».
Molto bello a dirsi. Ma è una strada percorribile?
«Lo è di certo, ma serve un preciso indirizzo politico che questo governo non può dare. Quando mi parlano di alternative concrete, mi viene da sorridere: come se la strada del nucleare fosse realmente percorribile in un Paese come il nostro, che per morfologia, risorse, tempi di attuazione, è quanto di più inadatto alla costruzione di una centrale. Non mi viene in mente un solo posto in Italia che potrebbe essere adatto ad ospitare un reattore. E poi guardiamo alla realtà: qui anche per costruire un ospedale non bastano 7 anni di lavoro: quanti ne servirebbero per una centrale nucleare?».
Non si deve fare l’errore di pensare che il nucleare sia l’unica risorsa energetica pericolosa per la nostra salute. Il nostro territorio, ahinoi, ne sa qualcosa...
«Per questo dico che il discorso energetico deve andare di pari passo con una rivoluzione culturale. Da qui a 50 anni, checché ne dicano i negazionisti, questo pianeta cambierà radicalmente: sempre meno risorse, sempre più persone, sempre più divario. E’ urgente ripensare il nostro modello di sviluppo. E’ urgente capire che la parola “decrescita” non è una bestemmia».

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